ROMANZO PER UOMINI SOLI A CAVALLO – Sem Petrucci

 15,45

«… Narra un’antica leggenda portoghese che tutte le cavalle della penisola iberica vengono sulla scogliera per farsi fecondare dal vento dell’Oceano, poi, col seme del vento nel ventre, tornano ai loro pascoli e lì partoriscono dei puledri veloci e infaticabili come quel vento che arriva impetuoso dall’immensità dell’acqua…».
Di qui parte Marcello per un viaggio solitario, con la compagnia di Ulla e di Brillante, i suoi cavalli, che, attraverso l’Europa, lo ricondurrà nella sua Toscana. Un viaggio durante il quale molto imparerà dai sui cavalli e dagli uomini che incontrerà lungo il cammino. Un viaggio attraverso il quale sarà accompagnato sempre dalla presenza di un messo papale vissuto quattrocento anni prima di lui, il Confalonieri. Uno spirito guida che è co-protagonista, anzi: dovrebbe esserlo, ma giganteggia sulla scena fin dall’inizio del racconto, la occupa di prepotenza, fa di Marcello, di Ulla, di Brillante, gli strumenti docili per mezzo dei quali, finalmente, riesce a plasmare il tempo, «soffio senza fine che trasporta pochi ricordi». La sua è una forza irresistibile che si impadronisce del giovane per godere della sua ansia, della sua inquietudine e del suo coraggio. E per poter assaporare la sua grandiosa piccola presenza dalla propria insignificante assenza destinata all’eterno.
Così le vere ragioni del viaggio diventano le sue: il desiderio di tornare a partire per rincorrere un sentiero lontano e scomparso; diventano quelle di chi il viaggio l’ha narrato trasfigurandolo in un andare della mente e dello spirito, disegnando «una via nuova, secondo antichi criteri».

 

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